La storia di Gabicce Mare

L' unica vera storia della città di Gabicce Mare è racchiusa nel territorio di Gabicce Monte, un piccolo borgo che si affaccia sul mare all'altezza di 150 metri,  mentre il suo aspetto attuale è il frutto di recenti vicende collegate alle trasformazioni territoriali del dopoguerra.

Esistono due scuole di pensiero che stabiliscono l'origine del suo nome: la prima sostiene che derivi dal nome del feudatario che nel X secolo si occupava dei territori gabiccesi fino a valle, la cui dimora era denominata Castrum Ligabitij, ossia castello di Ligabizio o dei Ligabizzi poi trasformatosi in Ligabicci e successivamente, si suppone, in Le Gabicce ed infine Gabicce. La seconda scuola di pensiero ritiene invece che il nome derivi dall'attività svolta un tempo dagli indigeni, dediti in prevalenza all'agricoltura e all'allevamento di animali, in particolare dei caproni detti becchi da cui Legabecchi, cioè catturatori di caproni.

Da una bolla pontificia del 998, dove per la prima volta appare la dicitura "Castellum Ligabitii", si è potuta dedurre la reale presenza di una fortificazione. Dell' antico castello non rimane nulla ed un’idea di come si mostrava possiamo ricavarla osservando gli acquerelli di Francesco Mingucci e del Liverani, che lo hanno fedelmente riprodotto come appariva nel 1600 e nel 1800. Preme sottolineare che la fama del castello era già nota nel 1500 grazie all'arte di due abili vasai Girolamo e Giacomo Lanfranco, rispettivamente padre e figlio, che realizzavano meravigliose opere in terracotta avvalendosi di decorazioni in oro. Girolamo Lanfranco fu, con molta probabilità, il pioniere dell'utilizzo dell'oro zecchino come decorazione della ceramica e questo gli valse la fama internazionale in questo campo. E non solo, entrambi ottennero un riconoscimento ufficiale con un editto emesso nel 1569 dal Duca Guidubaldo II della Rovere di Urbino. (Le loro opere possono essere, ad oggi, ammirate in numerosi musei italiani e stranieri: il British Museum di Londra conserva un piatto raffigurante “Cicerone e Giulio Cesare legislatori”, opera firmata dal  “Mastro Girolamo Lanfranco dalle Gabicce” nel 1541).

Nella bolla del 998 Gregorio V attribuiva all' Arcivescovo di Ravenna pieni poteri decisionali sul territorio di Gabicce che rimase sotto l'autorità della sua Chiesa fino al 1271 anno in cui, secondo alcune fonti storiche,  il Castello di Gabicce si alleò con Rimini e vi si sottomise per sfuggire ai continui soprusi da parte del Comune di Pesaro.

Gli scritti del pesarese Olivieri, tramandati nei secoli, narrano infatti che il popolo del castello di Gabicce  si unì con quello delle terre di Focara dando vita alla fortezza di Cattolica, nel contado di Rimini, per ripararsi dalle incursioni dei pesaresi desiderosi di impossessarsi del territorio di Gabicce posizionato in un punto strategico della costa e del confine.
In ogni caso, sino al 1539, Gabicce fu influenzata dalle vicende della vicina Pesaro ed infine in questo anno il castello e il territorio annesso vennero concessi in feudo ad Orazio Floridi di Fano.

La fortezza di Gabicce ebbe dunque una storia di grandi “dominazioni”. Dall'Arcivescovado di Ravenna, si passa attraverso il feudo di Orazio Floridi di Fano per poi tornare alla giurisdizione della Chiesa di Ravenna ed infine il susseguirsi dei Malatesti, quindi degli Sforza e poi dei Montefeltro, fino a passare nelle mani dei Della Rovere che nel 1625 la consegnarono in feudo ad Ottaviano Mamiani.

Nel 1631, termina l' “Odissea” e  il Castello di Gabicce come, del resto, tutto il ducato di Pesaro e Urbino passano nelle mani dello Stato Pontificio e vi rimarranno per ben tre secoli. Da qui ha inizio un lento ed inesorabile declino che avrà fine solo all' inizio del XX secolo quando inizierà lo sfruttamento della costa e si verificherà uno sviluppo dell'economia della pesca e del turismo. Questo sviluppo economico inizierà lentamente con la pesca e subirà poi un'impennata quando avrà inizio lo sfruttamento della costa a livello turistico e Gabicce Mare diventerà una delle cittadine balneari più frequentate.
Vi sono tracce di una attività mercantile in epoca romana, ma in realtà Gabicce ancora agli inizi del 1900 presenta un' arretratezza di mezzi, soprattutto per la mancanza di un vero e proprio porto.
La struttura portuale è assai approssimativa e si risolve in una serie di palizzate in legno che costeggiano gli argini del fiume. Da qui i pescatori di vongole con le loro modeste imbarcazioni ancora spinte a remi e le “paranze”, barche a vela per la pesca a strascico , iniziano la loro lunga strada verso il futuro ed il progresso. Il passo importante è la costruzione di un porto con banchine in cemento che permette l'attracco di barche di grosse dimensioni, la cui presenza alimenta i rapporti con i Balcani con i quali si commercia prevalentemente sabbia e dai quali si importa legname per uso domestico. Il porto inoltre richiama numerose attività lavorative, in particolare favorisce la nascita di cantieri navali per la costruzione e la manutenzione delle imbarcazioni che ancora oggi rappresentano un aspetto importante della vita gabiccese.

E' negli anni precedenti la seconda guerra mondiale che Gabicce muta il suo volto incrementando anche la sua popolazione che arriva a contare 2.000 abitanti. Si consolida la scelta degli abitanti di privilegiare la zona pianeggiante del territorio rispetto al borgo collinare: nel 1942 il Municipio viene trasferito a Gabicce Mare, dove ancora gli insediamenti sono in quantità modesta.Persa la titolarità di capoluogo comunale, Gabicce Monte rimane in ogni caso, a tutt'oggi, il luogo della memoria storica per tutto il paese, rappresentando un tributo alla leggenda, "alla memoria fantastica". La Piazza di Gabicce Monte è infatti intitolata a Valbruna, la città leggendaria che gli antichi abitanti sostengono sia sommersa al largo della baia naturale di Vallugola. Vicende misteriose, storie appassionanti, volti senza nome hanno animato l'immaginario collettivo legato alla città scomparsa. E nel corso degli anni, i reperti archeologici casualmente riportati alla luce dai pescatori nelle cui reti casualmente rimanevano inpigliate, hanno contribuito a rafforzare il mito di quella che è diventata una "Atlantide" dell' Adriatico.

Vi sono documenti storici, leggende e sassi misteriosi che ricordano reperti archeologici, veri e propri resti quali il braccio di una statua, un Capitello ed uno stemma gentilizio, e c'è chi giura che immergendosi nelle acque sia possibile ammirare resti di strade e di torri oggi sommerse memorie di un'antica città.

 

Monumenti

A Gabicce Monte si trova un monumento di interesse storico-artistico: la Chiesa di S.Ermete. Secondo la tradizione , la Chiesa sarebbe stata fondata sui beni donati ai monaci ravennati da un castellano chiamato con lo stesso nome del santo a cui è dedicata la struttura. Fonti documentali fanno risalire la più antica istituzione della chiesa al 775, così come riferisce una testimonianza del 1722 lasciata dall'allora parroco reggente.

All'interno della Chiesa sono custoditi oggetti e opere d'arte di valore : alcuni candelieri, reliquiari che testimoniano la tipologia di arredo precedente ai vari saccheggi che ne hanno fortemente impoverito il patrimonio.
Entrando in Chiesa, il visitatore non potrà non restare colpito dal dipinto della "Madonna del latte" e dal Crocifisso ligneo : il primo proveniente dalla Chiesa della Natività di Maria distrutta nel 1963 e la cui creazione può essere fatta risalire tra la fine del trecento e i primi del secolo successivo.

Il secondo di chiaro stampo artistico riminese del trecento appartenuta presumibilmente ad un Monsignore di Rimini, membro della famiglia Tonini di Gabicce Monte, che ne ha poi disposto la destinazione attuale.

 

La ceramica dei Lanfranco

Vi è stato un tempo in cui il nome di Gabicce Mare rievocava, in modo del tutto automatico, il mondo dell'arte, associazione perloppiù dovuta alla straordinaria opera svolta da Girolamo e Giacomo Lanfranco, ceramisti gabiccesi, padre e figlio, presenti a Pesaro con la loro bottega dal 1530 al 1590. La produzione di Girolamo Lanfranco, forse il precursore nell'uso della tecnica di decorazione con l'oro zecchino, era divenuta presto famosa ed aveva ottenuto il riconoscimento ufficiale con un editto del 1569 emesso dal Duca Guidubaldo II Della Rovere. Lanfranco, con la sua scuola, è stato il protagonista della ripresa artistica pesarese dopo la fase di grande splendore del Quattrocento, e la caduta dovuta a motivi politici, guerre ed epidemie di peste. Oggi le ceramiche uscite dalla bottega dei Lanfranco sono esposti in vari musei italiani e stranieri: i pezzi ancora in circolazione costituiscono oggetto di grande contesa fra i collezionisti, soprattutto anglosassoni, che accorrono ad ogni asta internazionale dove compaiono i lavori dell'artista, che fiero delle proprie origini, per discepoli ed estimatori, rimase sempre "Mastro Girolamo de le Gabicce".

 

 

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